La foto è fatta male.
Perché mi girano i coglioni.
Saranno le sette, le otto, cosa ne so: la signorina ha avuto
premura di ricordarcelo comunque dall’altoparlante
del supermercato che sta per chiudere e ho fatto il bravo e mi sono affrettato
assieme agli altri fino all’uscita sul piazzale, che ormai è quasi vuoto.
Continuiamo ad affrettarci tutti, anche ora che la faccenda
non è più di competenza della signorina e del suo altoparlante, i bimbi ridono
e girano intorno agli adulti che sbuffano e spingono carrelli enormi, senza perdere la fretta, perché è il 31
dicembre e rischiamo di fare tardi per la festa.
Borse da spesa mastodontiche seppelliscono i bagagliai delle auto.
Le mie, rachitiche, dondolano controvoglia ai lati dalle tasche del
cappotto dove ho ficcato le mani per il freddo.
Non serve che metta il freddo, lo sentite da voi.
No, serve che metta il freddo. Magari non lo sentite così.
Quasi vuoto, il piazzale, e anche io sono al minimo storico.
Sto cercando un posto dove portarmi. Me e le mie buste della
spesa.
Dentro, oltre a qualche liquido in bottiglia, ci sono tre o
quattro brutte notizie fresche, raccolte nelle ultime trentasei ore. Non le più
brutte dell’anno ma facciamo quasi e facciamo che così, tutte insieme per
il 31 dicembre…
Sto cercando un posto accogliente, dove portare me, qualche bottiglia
e tre o quattro brutte notizie senza essere troppo fuori contesto.
Se possibile che ospiti me e bottiglie per un breve periodo,
e si tenga le notizie molto più a lungo, ma da qui non mi vengono in mente
posti del genere.
Vorrei essere in mezzo al deserto ora, sono in mezzo al deserto ma sopra c’è il piazzale delle auto di un
supermercato e intorno una città e per questo non faccio quello che farei in
mezzo al deserto: per questo mi affretto per andarmene.
Ci sono anche quasi riuscito.
“Signore! Signore mi scusi…”
Vecchietta, da dentro una cinquecento bianca con la portiera
aperta.
Pericolo.
“…Che me la dà una mano?”.
No, signora, voglio andare a casa e farmi una doccia. Non so
dove andare ma devo andarci subito, non ho tempo, capisce? Non vorrei
presentare nuove amiche a queste brutte notizie che vede qui, ma a guardare un
attimo lei e la sua cinquecento ferme in mezzo al piazzale scommetterei che
invece stiamo per mettere su un bel ricevimento.
“Certo signora, mi dica.”
“Non mi parte più, non so cosa fare, è la seconda volta in dù giorni…”
Ciao ragazze, anche voi qui? Come va tutto a posto? Siete in formissima! Si
passa insieme questo capodanno?
“…mio figlio me l’ha detto che devo stare attenta, ma io non so che fare, non
parte! Può provare lei?”
Si è persa in un sedile davanti di una cinquecento, mi
guarda e sulle ultime le trema la voce.
Da qualche parte mi spunta fuori un sorriso.
“scenda signora, mi faccia provare.”
Fuori dalla macchina la signora sembra ancora più piccola: è bassa e tozza, i capelli
tenuti su dalla lacca. Succede ad un sacco di vecchiette, anche delle mie parti,
e quando succede io non posso evitare di volergli bene, purtroppo.
Spingo la frizione e giro la chiave. Il motore tossisce, la scintilla non
parte.
“Signora si è ingolfata.”
“Eh, me lo ha detto anche mio figlio! Ha detto che non devo spìgne l’acceleratore,
ma come faccio ad andare se non lo spingo?”
“Non lo deve tenere premuto mentre mette in moto, lo deve premere poco quando
ha messo in moto.”
“Ecco! Ecco! Me lo dice anche mio figlio, ma io mi sbaglio sempre, è la seconda
volta in dù giorni! Sbaglio sempre, faccio un sacco di sbagli, ma come faccio
ora?”
Mi guardo intorno.
Le ultime famiglie, le ultime auto le ultime borse della
spesa. Poso le mie.
“Facciamo così signora: io adesso le spingo indietro di poco la macchina, lei
sterza qua e la mettiamo diritta così posso spingerla ancora sul rettilineo del
piazzale e proviamo a metterla in moto così.”
“Grazie, grazie! Secondo lei faccio in tempo ad andare alla messa?”
Non lo so signora, io per non sbagliare qualche preghiera comincerei a dirla in
anticipo.
Metto la macchina in posizione, la signora sale sopra e le chiudo la portiera,
mi piazzo dietro.
Ho lasciato il finestrino aperto perché senta le mie istruzioni mentre spingo.
“Signora tolga il freno a mano. No, non l’ha tolto.”
“Ora può mettere in seconda? Cerchi di non sterzare, se no è più difficile”
Da dentro anche la signora cerca di spiegarsi: “Ho paura, ho pauraaaa!”
“No signora, non abbia paura non succede niente. Fra poco,
quando glielo dico provi a mettere in moto.”
“Non ora signora, prima metta la seconda signora.”
“No, nemmeno ora signora, prima mi lasci fare un po’ di strada, aspetti che
glielo dica io.”
Ho un attimo, ricordo mio padre che mi racconta di trentasei anni fa.
Era in viaggio di nozze con la mamma e aveva indosso il vestito buono. La
macchina si era fermata in salita, lui era sceso a spingere in camicia e
parlava alla mamma, che guidava da poco e faceva un sacco di sbagli.
Penso a papà che sbuffava e si incazzava, a mamma che non riusciva, alla
macchina che non partiva.
Sono lì, nei loro vestiti buoni, da qualche parte su al nord. Penso a loro che
lo raccontano e a quanto ridono e mi si bagnano i vetri.
Signora accenda i tergicristalli. Lo so che non piove
signora.
Una mano, accanto alla mia sul lunotto posteriore.
Compare così.
È un filippino, avrà quarant’anni, spinge accanto a me. Sull’altro
lato c’è un ragazzo, barba e occhialetti, ma avrà appena iniziato l’università.
Spinge anche lui.
“la signora non ce la fa, serve qualcuno che lo fa per lei, lo fai tu? Prendo io
il tuo posto.” Un altro uomo, accento romano e sigaretta in bocca, si rivolge a me.
“Vado io, l’ho fatto un sacco di volte.” Dice occhialetti.
Il ragazzo sale sulla macchina. L’uomo prende il posto del
ragazzo, e spinge insieme a noi.
Spingiamo, vetri ancora umidi, la macchina arriva in fondo
al piazzale e finalmente si mette in moto.
La signora ci raggiunge felice, ci bacia tutti. Mi tiene le mani tra le sue.
“Grazie, grazie. Lo sapevo, Dio è amore, che vi benedica.”
Non sono troppo d'accordo che lui entri in campo ora, quando è tutto fatto, e si prenda anche i meriti ma non mi sembra il caso di dirlo alla signora.
“Oh! Auguri!” fa il ragazzo al filippino. Si stringono le mani. Ce le
stringiamo. Auguri.
“Vada signora” dice l’uomo: “fa tardi per la messa”
La foto è fatta male.
Perché la signora appena rimonta in macchina spegne di nuovo
il motore mentre sto fotografando e tutti ci guardiamo negli occhi con orrore.
Ma poi il motore riparte subito e a quel punto abbiamo fretta di farla andare
via, non ci stiamo a preoccupare delle foto.
E a pensarci bene, mentre la guardo andare, non sono sicuro
se sono stato io a far ripartire lei o se è stata lei, a far ripartire me.
La foto è fatta male.
Ma è tutto quello che ho di questo capodanno e lo condivido con voi.
Vi auguro un anno di giramenti di coglioni, di altoparlanti
e piazzali e bimbi che ridono e buste strapiene e buste rachitiche, e freddo e liquidi.
E brutte notizie e deserto e cose che non partono.
E figli, e
sbagli e cose messe in posizione per poi fare il rettilineo.
E freni a mano e
spinte, e paura e ricordi e vestiti buoni e gente che ride a raccontare e vetri
bagnati.
E mani, all’improvviso accanto alle vostre e amore, qualunque forma abbia per
voi, e a pensarci bene ripartenze inaspettate.
E foto fatte male.
La foto è fatta male perché alla fine mi sono emozionato. E quando mi emoziono
faccio un sacco di sbagli.
E ho paura che questa cosa non cambierà mai.