Due anni fa il Lazio è passato al digitale terrestre, e ho colto l'occasione per liberarmi della televisione.
E' ancora in sala, resta spenta tutto il tempo.
E' una scelta che difendo ancora, fatta eccezione per qualche programma di cui sento la mancanza, anche se spesso li recupero da internet o li guardo a casa di qualcun altro.
L'eccezione delle eccezioni è Report.
Report è, mi fermo e conto fino a dieci prima di scriverlo, il miglior programma che la televisione Italiana offre al giorno d'oggi.
Con tutti i suoi limiti, ovvio: non è un programma d'intrattenimento, e ha i suoi difetti, alcuni ben marcati.
Ma per me resta anche uno dei pochi che abbia ancora un vero valore culturale.
Per questo ho sempre pensato che sarebbe stato bello collaborare al programma.
E per questo, quando a novembre per una serie di coincidenze mi è stata data l'opportunità, mi ci sono buttato con forza.
Claudia di Pasquale, una giornalista molto in gamba ed esordiente nel programma come me, mi ha chiamato come operatore, e per lei ho girato le riprese di due servizi che sono sulla pagina ReporTime del sito del corriere della sera,
il primo, sulla festa dell'ambasciata libica dopo la morte di Gheddafi
il secondo, sull'Iged: un organo del ministero del tesoro che doveva gestire e vendere dei beni immobili.
Sono i primi due: hanno le loro imprecisioni ma sono il mio inizio. Anche se sono confezionati per internet e non sono andati in onda in televisione.
Ma il fatto avere iniziato insieme alla giornalista e condividere un percorso mi stimola molto.
Questa domenica nell'ultima puntata della stagione invernale andrà in onda il nostro primo servizio per la TV.
Claudia secondo me ha fatto un ottimo lavoro, ha avuto un mare di difficoltà ma non si è risparmiata mai.
Io lo considero il primo servizio vero e proprio, ci ho lavorato il doppio degli altri servizi e mi ci sono impegnato di più.
Non l'ho ancora visto e sono un pò in apprensione, ma alla redazione pare sia piaciuto.
E' l'una di notte e sono da questa parte della porta,
dall'altra parte c'è la mia stanza e un pò di sonno.
Di qua, il computer mi chiede ancora 29 minuti di esportazione. Ne serviranno ancora per ricomprimere ed inviare via ftp.
Poi per qualche ora la bestia che è il lavoro di questi giorni se ne starà buona e mi lascerà riposare, per tornare a braccarmi domattina.
Sono qui, da questa parte della porta e ripenso a Marcellino.
Ho conosciuto Marcellino De Baggis anni fa nello studio del Babbo, che nella fattispecie non era il mio vero babbo ma una specie di essere mitologico dalla testa di monty python e dal corpo di Lee Van Cliff: cinturone, colt e risate fragorose.
Si era guadagnato il soprannome di Babbo nel modo più calssico: trattandomi come un figlio, ma questa è un'altra storia.
Anche il fatto che lo studio non andava benissimo è un'altra storia, ma per questo il Babbo affittava una parte dello studio a Marcellino e io l'ho conosciuto lì.
Montava fino a notte un suo lavoro, io montavo fino a notte le animazioni di Fucecchi dall'altra parte della porta, nella stanza accanto.
Una sera gli chiesi in prestito il registratore DVCAM per scaricare l'animazione su una cassetta da consegnare, fu il primo di una serie di favori bella lunga.
Iniziai a chiamarlo quando mi chiedevano un altro operatore per girare convention ed incontri, una volta in un centro commerciale dovette girare anche la mia parte mentre lasciavo andare la sbronza della sera prima nel bagno lì vicino.
No, non era una cosa molto professionale, da parte mia, ma ero un poco più che un ragazzo e anche questa è un'altra storia.
Lui un ragazzo non era, aveva già girato alcuni documentari, questo tra gli altri
Eppure, non avendo tanto lavoro all'epoca, era felice di seguirmi in alcune attività improbabili: era felice sempre di scambiare opinioni sul modo di riprendere un evento, era interessato alle animazioni che facevo: chiacchierare con lui era sempre costruttivo e piacevole.
L'ultima volta che l'ho sentito, ad aprile, gli ho parlato delle dirette streaming che facevo e lui si è congratulato, mi ha detto che gli sarebbe piaciuto tanto venirmi ad aiutare ed imparare come facevo.
Non l'ho più chiamato, ed ora che è tardi e sono davanti al computer ripenso a quando dall'altra parte della porta qualcuno condivideva con me quella cosa contro natura che era il lavoro di notte.
Ripenso a quanto sono fortunato, per averlo conosciuto e aver diviso un pò del mio tempo con lui.
Mi hanno detto che era in cucina o al bordo di una piscina, giocava con il figlio e poi si è accasciato.
Ho sentito anche che i medici pensano possa succedere, ad una persona come lui alta più di due metri dopo i quarant'anni.
A me sono venuti mille altri abbinamenti su caratteristiche fisiche, età, predisposizioni; nessuno mi ha fatto stare meglio.
E' successo ad agosto.
A fine novembre, invece, se n'è andato un altro documentarista più conosciuto a cui per molte ragioni mi sono sempre sentito molto affezionato, anche se non ho avuto il piacere come per Marcellino.
Era Vittorio De Seta.
Chi ha una passione per il cinema Italiano, in particolare per quello documentario, lo conosce già.
Magari perchè come me ha potuto studiarlo come un maestro all'università, e ha trovato nei suoi saggi alcuni consigli preziosissimi su come affrontare la passione per questo genere cinematografico.
Per gli altri, c'è youtube, wikipedia, ci sono un sacco di articoli, libri, film.
Io posto questo, anche se non è il lavoro più bello forse nè il più famoso, perchè il titolo mi aiuta a parlare meglio.
E si, una cosa che mi piace dei documentari è che ti aiutano a non dimenticare.
Marcellino e Vittorio stanno laggiù, o lassù, ora. Forse semplicemente là, nel cambio di prospettiva che gli permette, finalmente, di osservarci ancora meglio.
Peccato solo che non possano raccontare ancora: sarebbero, penso, storie bellissime.