lunedì 14 marzo 2011

Di una fuga impossibile


Sono fortunato.

Perchè in qualche modo, ho sempre potuto pensare che il posto di alcune immagini fosse solo nei film, nei cinegiornali, nei programmi televisivi che parlano di storia.

Comunque, tu sei seduto comodo e le immagini vanno.




E' così, mi rendo conto, solo perchè sono veramente fortunato.

Anche quando è successo a casa mia, a Massa, ormai più di vent'anni fa, io ero per un caso in vacanza.
E ci svegliamo la mattina con questo:




L'incubo che i miei amici, parenti, le persone che ho più vicine hanno subito, io l'ho scampato perchè sono fortunato.
Ho scampato il momento. Dalle conseguenze, però, la fuga mi rendo conto è impossibile.

L'ho capito guardando questo



L'ultima volta che ho guardato un'immagine simile a fukushima, era chernobyl.
Non molto tempo fa, dicembre.
Ero ancora seduto comodo, ma in uno studio di produzione.
Stavo finalizzando un altro programma, probabilmente sponsorizzato dal governo, un dibattito sulla possibilità del nucleare in Italia.
Dalle parti di testo che mi hanno fatto tagliare, dalle informazioni che hanno coperto, censurato e modificato ho capito di quante bugie ci stanno coprendo, quando dicono di farci risparmiare in bolletta.

Non lo so se il nucleare è una scelta obbligata. Se può fare quello che sta facendo a Fukushima, non credo lo sia.

Mi chiedo solo perchè parte delle nazioni europee ha sospeso la costruzione di nuove centrali, e perchè il governo ha tolto la trasparenza dal decreto sulla costruzione delle nostre nuove centrali.


e ora che so che non puoi sottrarti alle conseguenze di una tragedia del genere, penso a chi ha il coraggio di presentarcelo come un investimento a lungo termine.

mercoledì 9 marzo 2011

Marisol e il coraggio

Stamani arrivo in ufficio e controllo il giornale:

trovo questo


ho subito pensato alla proiezione di 'El sicario Room 164', un documentario di Gianfranco Rosi a cui ho assistito mesi fa al Nuovo Sacher.

Ho pensato a quello che raccontava l'assassino su come i narcos abbiano organizzato una macchina infallibile, radicata appieno nel tessuto sociale e culturale del Messico intero, e non solo.
Ho pensato a come, ad un certo punto del documentario, l'assassino stesso, centinaia di esecuzioni, cambia voce e sembra cedere mentre parla di quello che ha fatto e visto fare alle donne.
Lo stesso Gianfranco Rosi, in sala, ci raccontava di come quel cambio di tono abbia impressionato anche lui, durante l'intervista.

Ho pensato a questa ragazza di ventotto anni, comandante della polizia di uno dei paesi più violenti del messico.
Scomparsa il 2 di marzo.

Mi viene una preghiera.

Il documentario è impressionante, inquadratura fissa, sicuramente non diverte.
Racconta le torture peggiori a cui si sottopongono altre persone, come noi.
Racconta come accanto a noi si possa costruire un'altra realtà, perfettamente funzionante e coordinata con la nostra, che dalla nostra può sottrarci in ogni momento e scaraventarci nell'incubo peggiore; in qualcosa che un cittadino come me non vuole nemmeno immaginare.

Guardate il documentario e pensate a Stefano Cucchi, Federico Aldovrandi, alla Diaz.
Provate a chiedervi se questi casi isolati fossero solo raggi di una ruota che continua a costruirsi e procedere in quella direzione.
Pensate di ritrovarvici sotto.

Se avete paura, pensate a Marisol.

E se anche a voi viene una preghiera, non illudetevi sia solo per lei.