venerdì 3 ottobre 2014

Il reportage




 

www.ilreportage.eu/prodotto/numero-20/

Per segnalare che il numero 20 del Reportage, rivista trimestrale di scrittura, giornalismo e fotografia che potete trovare in molte librerie e qualche edicola, apre in questi giorni con uno speciale scritto da Davide Malesi, Francesca Mannocchi, e me.

Parla di dei nostri giorni a Gaza, questo agosto, durante le ultime manovre dell'attacco da parte  dell'esercito israeliano.

Di questa macchia indelebile sull'anima di tutto l'Occidente.

venerdì 22 agosto 2014

Cosa cerchi, e dove





Beit Lahiya è sul confine.

Uno dei primi quartieri che puoi incontrare entrando nella striscia di Gaza, attraversando la frontiera da nord, sul valico di Heretz.

Questi palazzi dall'alto di una collina dominano tutto il paesaggio, le facciate rivolte sul muro di recinzione della striscia, e rappresentano un problema strategico per Israele, che durante l'ultima operazione ha trattato il problema in questo modo.


 


Mentre i droni le ronzano sopra la testa e la osservano, una bambina palestinese usa adesso il suo vantaggio strategico dall'alto di questi scheletri di cemento per fermarsi un attimo ed osservare i crateri che i bombardamenti hanno lasciato al posto di interi isolati del suo quartiere, là in basso.




All'inizio di lei non sappiamo nulla.
Si porta dietro la custodia di un iphone e qualcosa avvolto in una carta da regalo: ha cercato di recuperare un orologio a muro, ma era troppo grande per lei.
In poco tempo scopriamo che la sua famiglia vive ancora al terzo piano di uno di questi palazzi, abbandonati da tutto il vicinato perchè troppo esposti alle bombe.







La madre ci scherza sopra: più che delle bombe, dice, la sera che sono rimasti soli in tutto il complesso residenziale senza acqua e corrente elettrica lei ha avuto paura dei fantasmi.

E a questo punto lo chiediamo, ma lo sappiamo già.

Sappiamo perchè sono rimasti a vivere qui, nonostante il pericolo sia altissimo e tutti gli altri se ne siano andati.
Sappiamo perchè non hanno lasciato la casa dove i più piccoli sono nati e cresciuti, dove i loro genitori hanno avuto il coraggio di immaginare un futuro.

C'è una scritta sul muro, davanti alla porta di ingresso di casa loro: la bambina vuole leggercela, la recita come una filastrocca.
Noi non capiamo, e qualcuno cerca di tradurci sommariamente:





La vita senza amore non vale la pena di essere vissuta.



lunedì 26 maggio 2014

Elias


Elias vive a Carrara, fa lo scultore.

L'ho conosciuto più di due anni fa, per un servizio che ho realizzato per Babel, ma per il quale ho ceduto tutti i diritti e non mi è riconosciuta la paternità.

Il servizio lo trovate sulla sua pagina facebook:

https://www.facebook.com/photo.php?v=581254055322811

Elias, oltre che un gran scultore ed uomo di gran cuore, è anche il primo siriano che ricordo di aver incontrato in Italia, e la prima persona con cui ho parlato della guerra in Siria: era Marzo del 2012.

Un anno dopo, in partenza per il conflitto, ricordavo ancora le parole che aveva speso per la sua famiglia.
La pena che sentiva per loro, la voglia che aveva di tornare indietro.

Ho saputo in questi giorni che la sua famiglia sta ancora bene, nonostante il mondo si sia disinteressato alla Siria ed il conflitto si sia acuito ancora.

Spero di incontrarlo di nuovo presto, intanto vi segnalo la sua storia, che resta ancora una bella storia, anche col tempo che è passato.

venerdì 28 marzo 2014

Une histoire de vent


L'aula audiovisivi è quasi vuota.
Mobili bianchi, ordinati.
Fuori, le raffiche di Libeccio tengono ancora lontana la primavera.

Nel mio ricordo, questa volta, non ho voglia.

Perchè è venerdì pomeriggio, le lezioni finite
ed io vorrei saltare sul primo treno e tornare a Massa, a casa, che è tutto il giorno sono fuori ed inizio a sentire la mancanza.
Ma poi a casa ho litigato ieri sera, e non sto bene.
Fatti miei: mi sono scelto un corso di laurea in Cinema, che non mi darà lavoro.
Non so cosa finirò a fare, in futuro.
Ho ammesso di aver sbagliato, forse. Ho detto che sono disposto a cambiare, a ricominciare.
Se mi impegno, posso laurearmi in qualcosa di più importante.

Ho chiesto una mano.

Fatti miei, se ora ho paura.
A casa mi avevano avvisato.
Ormai sono al secondo anno di corso, non ci sono i soldi per farmi studiare altri cinque anni.

Ho avuto la mia scelta.
Fatti miei, se l'ho sbagliata.

Meglio non tornare a casa.

A pensarci bene, quest'aula è proprio il posto giusto.
Davanti a questo scaffale, tra le vhs del corso di storia del cinema, anche se devo fare un'altra scelta non ho paura.
Non cambia nulla, qui. A nessuno interessa: nessuna conseguenza.
Solo io, e i film.

Io e il vento (Une Histoire de Vent)  J. Ivens 1988
l'etichetta si sta scollando. Ci passo sopra il dito.

Una settimana prima l'Andreotti, il professore del corso di ripresa ci ha parlato proprio di questo film.
A sentire lui, questo Ivens è uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Ci ha raccontato quella storia che il regista in questo film ha cercato di lavorare in questa specie di terra di nessuno, a metà tra il linguaggio dei Lumière e quello di Méliès.
A sentire lui, ma questa storia non mi convince ed io non l'ho ascoltato proprio bene. Ero stanco e mi sono distratto.

Ora però che fuori dalla finestra gli alberi e le antenne della tv sui tetti si piegano ad intervalli irregolari, penso che quest'aula è proprio il posto giusto, mentre metto su le cuffie ed inserisco il nastro.


Le Vieil Homme qui est le héros de cette
hisoire est né à la fin du siècle dernier
dans un pays où les hommes se sont toujours
efforcés de dompter la mer et de maîtriser
le vent.

Il a traversé le XX siècle, une caméra à la
main, au milieu des tempêtes de l'histoire
de notre temps.

Au soir de sa vie, à 90 ans, ayant survécu
aux guerres et aux luttes qu'il a filmées,
le vieux cinéaste part pour la Chine. Il a
mûri un projet insensé: capturer l'image
invisible du vent.


Il film inizia così.

Ai piedi di un mulino a vento, un bambino monta sopra un aereo che si è costruito da solo.
Mamma, urla in mezzo alle raffiche, volo via. Vado in Cina.




Solo anni dopo verrò a sapere che quello è l'ultimo film che Joris Ivens abbia realizzato.

In quel momento, mentre il bambino viene coperto dal fumo e dal vento, ho solo l'impressione latente di avere capito qualcosa.

Deve essere un bel modo di vivere una vita, penso.
Ora resta solo da vedere come finisce la storia.


giovedì 16 gennaio 2014

Beasts of the southern wild


The whole universe depends on everything fitting together just right.
If one piece busts, even the smallest piece,
the entire universe will get busted.

Il trailer comincia così. Con questa bambina in mezzo all'acqua, al bosco.
Al cielo, al ghiaccio.

Non molto tempo fa ero a casa di amici. Mi chiedevano un film da guardare, un film di respiro.
Respiro.
Mi è rimasta impressa la richiesta.
Probabilmente intendevano un film con scene all'aperto, bei paesaggi, un pò di azione.
Non mi è venuto in mente nulla che valesse la pena.

Ora, tempo dopo, ripenso alle parole di quella bambina che vive in mezzo alla palude, con suo padre ed una comunità di amici.

A margine della palude gli uomini della terra secca hanno innalzato una diga enorme, per tenere lontana l'acqua.

Un giorno, dice la bambina, la tempesta arriverà e non ci sarà diga che tenga.

un giorno...




"Preproduction is like this little animal that you're raising, "

ho letto dice Benh Zeitlin, il regista del film, riguardo all'esperienza di girare un film:

"and it's like a tiger, and you raise it until it's way bigger and stronger and faster than you, and you can't control it at all. You just set it loose and then you have to chase it. And so for everybody that worked on 'Beasts,' it was like an athletic event. A safari hunt. With this running beast that you're trying not to be destroyed by...it's always fun.
The movies are secondary. The tiger chase comes first."

Ora. Del poco, poco che so riguardo a girare un film, questa è una delle cose più vere che ne abbia sentito dire.

il trailer lo trovate qui




probabilmente non quello che intendevano i miei amici: ma respiro, forse, è la parola adatta per descrivere cosa ho sentito.

martedì 7 gennaio 2014

Il mese del documentario


Ho una segnalazione.

http://ilmese2013.documentaristi.it/conferenza-stampa-il-mese-del-documentario/

Domani alle 19 alla casa del cinema di Roma la conferenza stampa di apertura del Mese del Documentario, una rassegna che seguo con molto interesse da tempo.

A seguire, la proiezione di Below sea level di Gianfranco Rosi. Un film che per me non ha bisogno di presentazioni.
E che è un vero peccato perdere sul grande schermo. Fidatevi.

Il restante mese, alcune città italiane ospiteranno grandi documentari, italiani ed internazionali.

Se avete tempo, fate un salto.
Magari, vi accorgerete di che danno sia non poter avere questi film in televisione, o più spesso sul grande schermo, per tutti noi.

E di che fortuna avere una rassegna di così alto livello a contrastare la tendenza.

qui il programma.

http://ilmese2013.documentaristi.it/citta/

Ci vediamo là.

venerdì 3 gennaio 2014

Il sole attraverso cosa


Lunedì prossimo 6 gennaio su rai 3 va in onda la prima puntata di questa nuova stagione di Presa Diretta.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-deebd0f5-aed9-4c95-8008-fdd6aa78a0f7.html#p=

Riguarda le morti di stato, è anche la prima puntata a cui ho lavorato.

qui una storia a parte sull'argomento

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-292d2f6e-9ce9-4979-84cb-2f5bd476738e.html#p=

Ho avuto grandi soddisfazioni, incontrato una squadra formidabile di persone competenti ed appassionate.

Ora è la mia squadra.

Ho fatto errori, corretto errori, imparato un sacco.
Mi sono mosso molto, più veloce di quanto ero abituato.
Ho guardato il mio paese con occhi nuovi ed ora lo vedo cambiare a ritmo diverso, crescente.
Ho seguito il cambiamento cercando di non perdere nulla.

Da qualche parte, al nord, mentre la telecamera girava, fine autunno, mi è capitato di alzare lo sguardo.

Non avevo mai visto il sole attraverso la nebbia.