L'
aula audiovisivi è quasi vuota.
Mobili bianchi, ordinati.
Fuori, le raffiche di Libeccio tengono ancora lontana la primavera.
Nel mio ricordo, questa volta, non ho voglia.
Perchè è venerdì pomeriggio, le lezioni finite
ed io vorrei saltare sul primo treno e tornare a Massa, a casa, che è tutto il giorno sono fuori ed inizio a sentire la mancanza.
Ma poi a casa ho litigato ieri sera, e non sto bene.
Fatti miei: mi sono scelto un corso di laurea in Cinema, che non mi darà lavoro.
Non so cosa finirò a fare, in futuro.
Ho ammesso di aver sbagliato, forse. Ho detto che sono disposto a cambiare, a ricominciare.
Se mi impegno, posso laurearmi in qualcosa di più importante.
Ho chiesto una mano.
Fatti miei, se ora ho paura.
A casa mi avevano avvisato.
Ormai sono al secondo anno di corso, non ci sono i soldi per farmi studiare altri cinque anni.
Ho avuto la mia scelta.
Fatti miei, se l'ho sbagliata.
Meglio non tornare a casa.
A pensarci bene, quest'aula è proprio il posto giusto.
Davanti a questo scaffale, tra le vhs del corso di storia del cinema, anche se devo fare un'altra scelta non ho paura.
Non cambia nulla, qui. A nessuno interessa: nessuna conseguenza.
Solo io, e i film.
Io e il vento (Une Histoire de Vent) J. Ivens 1988
l'etichetta si sta scollando. Ci passo sopra il dito.
Una settimana prima l'Andreotti, il professore del corso di ripresa ci ha parlato proprio di questo film.
A sentire lui, questo Ivens è uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Ci ha raccontato quella storia che il regista in questo film ha cercato di lavorare in questa specie di terra di nessuno, a metà tra il linguaggio dei Lumière e quello di Méliès.
A sentire lui, ma questa storia non mi convince ed io non l'ho ascoltato proprio bene. Ero stanco e mi sono distratto.
Ora però che fuori dalla finestra gli alberi e le antenne della tv sui tetti si piegano ad intervalli irregolari, penso che quest'aula è proprio il posto giusto, mentre metto su le cuffie ed inserisco il nastro.
Le Vieil Homme qui est le héros de cette
hisoire est né à la fin du siècle dernier
dans un pays où les hommes se sont toujours
efforcés de dompter la mer et de maîtriser
le vent.
Il a traversé le XX siècle, une caméra à la
main, au milieu des tempêtes de l'histoire
de notre temps.
Au soir de sa vie, à 90 ans, ayant survécu
aux guerres et aux luttes qu'il a filmées,
le vieux cinéaste part pour la Chine. Il a
mûri un projet insensé: capturer l'image
invisible du vent.
Il film inizia così.
Ai piedi di un mulino a vento, un bambino monta sopra un aereo che si è costruito da solo.
Mamma, urla in mezzo alle raffiche, volo via. Vado in Cina.
Solo anni dopo verrò a sapere che quello è l'ultimo film che Joris Ivens abbia realizzato.
In quel momento, mentre il bambino viene coperto dal fumo e dal vento, ho solo l'impressione latente di avere capito qualcosa.
Deve essere un bel modo di vivere una vita, penso.
Ora resta solo da vedere come finisce la storia.