domenica 10 febbraio 2013

That's Italia


Ho iniziato a collaborare alla realizzazione di un programma di intrattenimento,

si chiama That's Italia.

Per il programma realizzo brevi servizi da pochi minuti: alcuni di questi si chiamano Stranitalia.

l'ultimo che ho realizzato è questo

http://www.la7.it/thatsitalia/pvideo-stream?id=i664779

presto altre novità.

giovedì 7 febbraio 2013

Un cane, milioni di cani


X, tra i politici che concorrono a questo giro, che compare in TV bello felice.

- Niente gatti, niente cani.
Io ed il mio partito stiamo per adottare 60 milioni di Italiani. Stiamo per farci carico dei loro problemi, dei loro sogni e delle loro frustrazioni.

Da domani vorrei vedere sempre più cittadini con un figlio in braccio: non importa di che religione, provenienza, o orientamento sessuale.
Farò tutto quello che posso, fino allo sfinimento, per dare loro diritti e sostegno economico che servono a costruire e portare avanti una nuova famiglia, o una vita, a seconda della loro scelta personale che sarò sempre in prima linea a difendere.

Vorrei vedere gli italiani contenti di pensare al futuro insieme al partito che hanno votato,
 non voglio essere ricordato come il signore ricco con un cane bellissimo che voi non potete permettervi.



sabato 10 novembre 2012

Tempo


Città grande, incrocio grande.

Buste della spesa in mano, si affianca e ha la faccia di chi lo ha fatto mille volte.
L'omino arancione del semaforo ha appena lasciato il posto a quello rosso del piano di sopra, davanti a noi, che siamo ancora affiancati.
Io, il semaforo, non lo guardo più. Guardo lui, e so a cosa sta pensando.

Vuole buttarsi, passare.

In questo soffio di tempo in cui è rosso per noi due, affiancati all'incrocio grande della città grande, e rosso per il muro di auto al nostro lato, che fra molto poco allo scattare del verde avanzerà nel rombo, chiudendo il nostro passaggio definitivamente.

E' una cosa di nervi e una cosa pericolosa. Una cosa da abitante della città grande, e lui fa molta attenzione alle auto; io mi sto chiedendo perchè non è ancora partito.
Forse, so perchè vuole farlo.
Forse perchè ha visto troppi Indiana Jones, o forse gli dà fastidio lasciare a quell'omino rosso il controllo sulle sue gambe. Forse, lo fa solo per il pensiero che può ancora farlo.
Cosa c'è, dopo quel pensiero, mi chiedo.
Forse, più probabile, vuole farlo per abitudine: l'ha fatto mille volte.
Mille volte moltiplicato il tempo in cui è rosso per tutti e uno si muove.
Sottrarre il risultato alla faccia che uno aveva la prima volta. Alle gambe, ai polmoni che aveva.
Fratto, probabilmente, la lunghezza del muro di auto da superare.

Eccolo lì, che cerca la fine del calcolo. Eccolo, che si chiede quando mai ha ricorso al calcolo, prima di ora.
Io sono già passato, intanto. Ho attraversato quel soffio di tempo che è già quasi un ricordo.
Dietro di lui compare una donna. "E sbrigatiiii!!!!" Per non lasciare andare la donna avanti, lui parte.
Mi giro e da in fondo all'incrocio li guardo percorrere il tratto di corsa. La mano di lei tocca quella di lui, che stringe una borsa della spesa impazzita.

In un riflesso cerco le mie. Le mie borse della spesa stanno calme, strette salde tra queste mani che sono già passate.

Alzo di nuovo gli occhi. Incontro i suoi che avanzano, mossi dalla macchina del tempo.

domenica 5 agosto 2012

Lavorare Liberi e la Rassegna Impossibile


Lavorare Liberi, ( cliccate sul link se non sapete di cosa parlo ), sarà proiettato giovedì 9 Agosto nella rassegna estiva "Aperture Straordinarie, la Rassegna Impossibile" dell'associazione culturale Sancio Pancia, al rifugio antiaereo a Massa.

http://www.sanciopancia.com/

Qui trovate il programma, che ha proposto serate interessantissime in questa estate, e continuerà a proporne fino a fine agosto: se avete tempo fateci un salto.

Io non ci sarò alla proiezione, ci sarà Federico Stagi, probabilmente qualcuno della Cooperativa, ed un dibattito interessante alla fine della proiezione.

Per chi non avesse ancora potuto assistere al documentario, il rifugio antiaereo di massa mi sembra un posto fantastico per la visione.

a presto



martedì 24 luglio 2012

Aula Audiovisivi 2 - Gioventù, amore e rabbia





Running has always been a good thing in our family,
especially running away from the police.
It’s hard to understand, all I know is that you’ve got to run.


Comincia con queste parole, e l'immagine da dietro del ragazzo che corre al lato della strada, lungo i campi. So da subito che non mi dimenticherò più del film.

Schiaccio lo stop, tiro fuori il VHS. Ha un’etichetta, come tutti quelli dell’aula audiovisivi.

“GIOVENTU' AMORE E RABBIA, RICHARDSON, 1962”

Sono chiuso nell’aula, fuori dalla finestra novembre ha sporcato il blu del cielo, e la stretta che mi arriva mentre sto qui con la cassetta in mano la conosco bene.
Perderò il conto, delle volte che tornerà a farmi visita.
Quando arriva la stretta sento le gambe che si liberano da qualche parte, oltre la finestra.

Questo, sento, ma sono ancora qui con la cassetta in mano e sto per fare una scelta.
Il sapore che mi lascia quella scelta non lo posso raccontare: mi aspetta un altro tipo di corsa, a questo giro.
Premo play.

Colin guarda i campi innevati fuori dal finestrino della camionetta di polizia. Sta per finire in riformatorio, deve essere poco più grande di me.

Sto guardando una storia di redenzione. Da come agguanta lo stomaco direi che è così.

Le presentazioni dei personaggi sono pura perfezione anglosassone. Ognuno disegna sè stesso, il proprio intento, e la sua parte di scenario del film.

Pochi minuti e tocca a Colin stesso.

Il detenuto a capo dell'ala di alloggi dove viene assegnato il gruppo di Colin spiega a tutti che non intende rinunciare a nessun privilegio a causa di eventuali insubordinazioni dei nuovi arrivati,

and always remember, that they've got the whip hand

e ricordate, aggiunge, che sono loro ( il direttore e le guardie ) ad avere la frusta da parte del manico.

Colin:
Do you know what I'd do if I had the whip hand?
I'd get all the coppers, governors,
posh whores, army officers, and members of Parliament
 and stick them up against this wall
and let them have it,
because that's what they'd like to do
to blokes like us.

I blokes like us sono ragazzi di periferia, nello slang dei sobborghi.
La storia di Colin non è diversa da quella di tutti gli altri che ha accanto.
Nati senza fortuna, abbruttiti dalla mancanza di prospettive, schiacciati da un paese senza pietà per gli ultimi, hanno tentato di ribellarsi ad un futuro di miseria, ed hanno fallito.
Ma anche in riformatorio, a quei blokes è rimasto qualcosa.

- Well, you'll learn.

sentenzia il caposquadra 

- We'll see.

Finisce Colin.

Il resto del film parla di questo.

"Di come un ragazzo che ha perso il padre in un incidente al lavoro scelga il suo posto in una società che sembra poter solo pretendere da quelli come lui."

Due giorni dopo, all'esame di semiologia del cinema, davanti all'assistente del professore, un altro ragazzo poco più grande di me, spiaccico esattamente le ultime tre righe.

Anche seduto davanti a lui vorrei correre, ma per un altro motivo.

Per esempio, perchè mi ha appena chiesto di specificare, e io non so cosa stampargli.
Magari, se mi guardo intorno e incrocio lo sguardo di qualche altro bloke, una battuta su governatori e fruste viene anche a me.
Ma gli altri intuiscono il culo che mi sta facendo l'assistente e non sembrano incoraggianti.

"parla di denuncia sociale..." la butto lì.

L'assistente non molla: "...ti ricordi qualche scena dove è più esplicita, questa denuncia?"

"Bravo cazzo, così spoilero tutto..." La battuta sarebbe ottima, ma la tengo per me. Il voto all'esame mi preme un pò di più.

Quello che mi è sempre piaciuto degli assistenti del corso di cinema è che sono tutti sveglissimi. Lui infatti ha capito da un pò, ed inizia ad imboccarmi.

"ti ricordi la scena dove il protagonista ed il suo amico sono davanti al televisore nuovo che trasmette il discorso di un politico e loro tolgono l'audio?"

Allora calo la maschera. Gli dico di no. Gli dico che due giorni prima ho visto l'inizio del film, e il giorno prima dell'esame la fine.

Gli dico che il film è stato considerato dalla critica il padre della Nouvelle Vague inglese, fratello di sangue (dico così: di sangue) dei Quattrocento colpi di Truffaut. Gli racconto la scena dell'interrogatorio di Colin e quella di Antoine Doinel, e la scena del finale di Gioventù amore e rabbia, così simile da quella di Truffaut, così diversa da quella di Truffaut.

La scena finale.
Gli racconto di come mi sono innamorato di quella parte di racconto, e di come sto per non essere riuscito a vedere il resto del film, avendo guardato di corsa trenta ore di video tra film e cassette antologiche per riuscire a dare l'esame nei pochi giorni che ho preso di libertà dal lavoro.

Gli dico che secondo me parla di denuncia sociale, si, ma di un'altra cosa, che sento anche di più.
Lui mi chiede cosa, io sento le gambe che si liberano, e vorrei parlargli del sapore di scelte che facciamo a volte ma che non posso raccontare.

Così mi fermo, e lo guardo.

"Ho studiato di corsa" dico, e sorrido.

O resta impressionato o decide che se la beve. Purtroppo è anche vera.

28, dice. Di più non posso darti.

Quello che mi è sempre piaciuto, degli assistenti e degli insegnanti del corso di cinema a Pisa, è che sono blokes like us.

Tengo il 28, lo ringrazio, esco.

Una settimana dopo ho un altro esame, poi una serie impossibile di consegne appena rientro al lavoro.

Qualche mese dopo, ricarico la stessa VHS nella stessa aula.

Al pensiero di tutta la roba che ho guardato in quei pochi giorni, a casa e in aula senza fermarmi quasi mai chiudo gli occhi e sento ancora le gambe correre.

Il film, scoprirò poi, è tratto da un libro, ed il titolo originale è The loneliness of the long distance runner.

Questa volta lo guardo tutto.

E' un premio meraviglioso, che consegno a me stesso.

sabato 7 luglio 2012

Aula Audiovisivi - Presentazione


Tempo fa ho scritto questo.

Parla di questa traccia che Tarkovskij mi ha lasciato addosso, con quel film.
Mi è accaduto spesso.

La prima volta che ho visto quel film ero in Aula Audiovisivi, Dipartimento di Storia delle Arti, Piazza San Matteo in Soarta, a Pisa.

Nel mio ricordo sono cinquanta metri quadri di aula circa, circa quindici postazioni video.
Ogni postazione video è una sedia con un televisore ed un registratore VHS davanti. Ai lati, due pannelli di legno bianchi per isolarti nella visione. Di là da ogni pannello, un'altra postazione ed un'altro come te. Una specie di rito individuale collettivo: come una confessione, o meglio, un battesimo. Sul tavolo di fronte a te, un paio di cuffie.
In fondo alla sala c'era una mensola piena di cassette VHS coi film più importanti dei corsi di Storia del Cinema e Semiologia del Cinema.
Muybridge, Porter, Griffith, Lumière, Lang, Vertov. Su fino a Wells, Truffaut, Fellini, Hitchcock, Ivens, Ferreri.
Solo una minima parte degli autori, come mi torna alla memoria.

Come guardare dall'alto di una collina una mandria di splendidi stalloni al galoppo, giù nella prateria.

Anche se per chi ti guardava, eri solo un nerd qualsiasi che poteva impiegare anche venti minuti a scegliere una pallosissima VHS.
Alla fine sceglievi il tuo insegnante della prossima ora e mezzo, prendevi la VHS, la offrivi in pegno al registratore recitando una qualsiasi preghiera al Dio dell'Analogico o ai suoi santi ( ave, Rybczynski, morituri te salutant.. ), sperando tutto funzionasse. E ti preparavi allo spettacolo.

Quell'aula è stata una scuola a parte, una storia del cinema a parte, ma anche un'adolescenza a parte. Per me e spero per molti altri.

Le cose sono cambiate. Il mondo come lo conoscevamo è andato perduto. Un nuovo Dio è arrivato e ci ha costretti alla conversione.

La leggenda narra di cassette rinchiuse in un archivio. Di quest imposte agli studenti per liberarle ed assistere ancora alle rivelazioni.

Questo è un diario degli insegnamenti che il Dio dell'Analogico ci ha reso in quegli anni, perchè non vadano perduti.

Qui, in seno all'impero del Dio del Digitale, di quando in quando vi condurrò in segreto in quel vecchio tempio per rendere a voi il testamento del nostro Dio perduto.

Sempre che il registratore non si mangi il nastro. O che non vi facciate due palle così.

giovedì 21 giugno 2012

Il Re delle Alpi





Segnalo l'uscita di questo documentario, di Michele Imperio e Fabio Pagani, al quale ho collaborato solo marginalmente, curando le animazioni 2d.

Sta facendo il consueto giro dei Festival, presto sarà probabilmente distribuito, e allora saprò dire di più.

Per ora, è solo una gran bella biografia.

Di Walter Bonatti, scalatore poi autore di numerosi reportage di esplorazione, soprannominato il Re delle Alpi.

Non voglio rovinarvi lo spettacolo, quindi non vi dico altro.

Se doveste avere la possibilità, andate a guardarlo. E' una bella storia.